Le trasformazioni fanno parte dell’evoluzione e molto spesso sottovalutiamo la possibilità che mente e corpo non seguano uno stesso percorso per definire con chiarezza il punto nel quale raggiungiamo la massima espressione di noi stessi.
Cosa voglio dire? Sempre più frequentemente il riflesso di ciò che desideriamo si configura in quello che ci viene proposto. Il grande errore sta nell’omologarci e nell’assecondare le proposte acquisendole come fattori che, una volta riconosciuti come standard, troviamo il modo di legittimare mascherando la nostra vera indole.
Questo perchè la moda e il pensiero comune tendono ad essere la narrazione triste della rapida involuzione che attraverso stereotipi ha portato ad un complessivo appiattimento e svalutamento di quelle che, semplicisticamente, chiamiamo unicità. La generazione Z ci racconta tuttavia un tentativo di ripristino di tali peculiarità, annaspando controcorrente e dimostrando come non solo il fast fashion, ma tutto il settore moda, viva di controsensi, imposizioni e incongruenze.
Se da una parte infatti le brutte copie di abiti costano meno e permettono di soddisfare bisogni e cambiamenti e al contempo assecondare trend e declamare uno status, dall’altra, l’alta moda con rapidissimi cambi di direzione, slitta da modelli creativi e fantasiosi al minimalismo più estremo, giocando con tessuti e colori, mostrando tipologie di uomini e donne sofisticati, perennemente alla ricerca di una perfezione estetica e concettuale.
Questo è possibile ed accettabile elaborando la semiotica dell’abito a tal punto da nascondere l’articolato reticolo di tecniche e scelte che portano alla realizzazione di outfit, e dunque di immagini, impattanti e perfette, senza spiegare come nell’acquisto e nella scelta, diverse siano le domande da porsi prima di accettarne l’offerta.
Quello che di fatto sfugge al pensiero comune infatti resta il senso di ciò a cui quotidianamente siamo sottoposti diventando facile bersaglio di stimoli che spesso possono portarci lontano dalla strada poco battuta che indica l’importanza dell’ascolto e dell’analisi delle nostre urgenze e delle necessità che con oggettività dovrebbero ricalcare l’autenticità delle nostre caratteristiche.
Per ovviare al giudizio tendiamo infatti ad includerci in modelli standard che attivano l’effetto placebo facendoci sentire in pace e in linea con lo standard comune, dichiarando spesso identità fittizie, non solo non valorizzate nell’involucro esterno, ma anche trasformate rispetto al punto di partenza.
In questo processo di mascheramento che in modo inconscio mettiamo in atto scegliendo senza libretto d’istruzioni ma solo assuefatti dal bombardamento di informazioni, dimentichiamo che storicamente l’abito non doveva solo coprire, ma raccontare, identificare.
E tralasciando l’elaborato processo comunicativo che ha la funzione sacra di declamare valori, individualità, bellezza intrinseca e peso specifico dell’Io profondo, un altro aspetto importante è il senso di inadeguatezza che scaturisce dal partecipare a priori allo spettacolo della compravendita, trasformandoci in manichini viventi funzionali alle dinamiche del mercato.
Ma cosa accade se tutto ciò che vediamo diventa oggetto del desiderio? Non solo la nostra personalità ne risente ma anche il senso di autostima che non sempre gode di benefici. Questo perchè non vi è approfondimento e la giusta “educazione” circa le tematiche che riguardano la scelta di stili, forme, colori. Ne deriva la frustrazione di acquisti poco consoni, fisicità che vengono messe in discussione da capi poco valorizzanti inculcati come scelta da venditori poco preparati e non ultimo, il bisogno spasmodico di modificare attraverso la chirurgia, il proprio corpo.
Tutto questo porta inevitabilmente l’individuo ad essere il primo giudice di stesso e a sottoporsi silentemente al circo della critica. La Consulente d’Immagine ha come scopo principale quello di guidare la persona alla scoperta di sé effettuando un percorso di crescita personale che va ben oltre i semplici consigli di stile trovando spazio tra privati ed aziende, come figura centrale e di riferimento per un corretto approccio nei confronti dell’immagine. La consulenza può avere una breve durata come anche perdurare negli anni conformandosi a sempre nuove esigenze, appunto, la famosa evoluzione personale dalla quale tutto questo discorso è partito. Le competenze sono diverse e la necessità di un costante aggiornamento differenzia lo studio professionale da una formazione all’altra.
Comprendere il proprio corpo, valorizzare la propria unicità non vuol dire fare da soli in base al gusto. Ecco perchè si parla di Style Coaching, il percorso di conoscenza è un tassello fondamentale nel quotidiano di uomini e donne e non solo di personaggi dello spettacolo o vip che migliora sensibilmente molti aspetti della vita personale, gratificandoci.
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