Quello che sappiamo è che nel corso degli anni l’estetica ha subito innumerevoli influenze e cambiamenti dati dai canoni vigenti, dai movimenti culturali, dall’introduzione dell’intelligenza artificiale e dal pensiero critico del momento. Tuttavia, pur comprendendone l’importanza, la forza e il significato comunicativo intrinseco, ancora qualcosa sfugge al controllo e resta dichiaratamente fuori fuoco non solo per gli addetti ai lavori, ma per chi la moda la usa come personale bandiera per dichiararsi al mondo. Questo perchè ci siamo abituati ad un concetto di estetica legato all’immagine, al visuale, a ciò che di più immediato riusciamo a reperire per rispondere alle nostre domande.
Chiedersi effettivamente cosa risponde realisticamente al bello è di fatto un procedimento che mette in discussione l’esterno, ponendoci nella condizione di dubitare dei criteri valutativi dell’ambiente circostante ed inevitabilmente a porci implicitamente fuori dallo schema adottato dal sistema. Questo è spiegabile attraverso l’ascolto e l’osservazione che prescindono dai blocchi concettuali; non è detto che il nostro background risponda alle necessità e agli stereotipi della moltitudine. Per esempio si pensa che il tacco alto determini la femminilità o sia riflesso della stessa. Di fatto per molte donne il tacco rappresenta un oggetto da esibire perchè in assenza di altre componenti essenziali e sostanziali, permette di elevare la propria immagine e la personalità, aggiungendo valore al proprio io. Diventa dunque articolato poter leggere fedelmente il complicato sistema che sovrappone la materia dell’essere e quella dell’apparire.
Ecco a cosa serve lo style coaching, a comprendere la semiotica dell’abito e a rivalutare la propria personalità sulla base di caratteristiche esterne ed interne, specifiche e personali, determinanti le definirei, se inserite a corredo delle regole comportamentali e sociali dell’individuo. Questo approfondimento e studio permette di scoprire il senso estetico, affinare il gusto, afferrarne il significato, usare il proprio carisma per cucirsi addosso gli abiti rappresentativi e maggiormente comunicativi per relazionarsi in modo efficace con il contesto, autodeterminandosi attraverso la visione giusta, che non ha nulla a che fare con la versione migliore, specularmente agli altri.
L’abito, l’estetica, possono tuttavia non rispondere solo alla necessità di trasparenza e identificazione ma diventare maschere, strumenti, armi, in grado di veicolare messaggi, supportarli, eluderli, enfatizzarli. Questo facilmente accade nel contesto lavorativo, negli approcci fugaci e nelle prime impressioni, nelle relazioni all’interno delle quali è indispensabile aggiudicarsi la buona opinione di qualcuno, la stima, il rispetto. Ed ecco dunque che l’estetica, la cura, l’abito, la forma complessiva, diventano i principali attori di una rappresentazione che si sposta da un piano superficiale di clamore visivo esplicito ad uno emozionale empatico che si nutre di un ricco sottotesto in grado di migliorare sensibilmente ogni aspetto della nostra vita ma soprattutto meglio definirci come individui, portandoci ad armonizzare esteriorità ed interiorità, allineando ed equilibrando ciò che vorremmo essere, ciò che siamo, ciò che possiamo diventare attraverso la conoscenza delle tematiche offerte dallo style coaching.
Si tratta di veri e propri percorsi differenziati che permettono di plasmare e migliorare la propria immagine con risultati vari che garantiscono una migliore conoscenza di se stessi, il potenziamento della propria autostima, l’accrescimento della propria sicurezza personale, un evidente miglioramento della propria immagine.
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